Ieri 30 Maggio si è riunita la Corte Suprema di Cassazione – Sezioni Unite Penali per decidere sulla liceità o meno del commercio delle infiorescenze di cannabis light.
<<E’ reato commercializzare i derivati della cannabis light>>. Così affermano ieri pomeriggio diverse testate giornalistiche, generando inutili e falsi allarmismi tra gli operatori del settore cannabico italiano.
L’avvocato Zaina e le associazioni di settore (Federcanapa, Aical) subito controbattono dicendo che gli operatori e commercianti di cannabis light non commettono nessun reato, come riportato nella sentenza, e spiegano le motivazioni.
Nella sentenza di ieri viene infatti alla fine riportato che è vietata la vendita di prodotti derivati dalla coltivazione della Cannabis sativa L., “salvo che tali prodotti siano in concreto privi di efficacia drogante”.
Quindi, al contrario di quanto inizialmente pubblicato, da questa sentenza sembra emergere che il commercio di cannabis light sia lecito in quanto: la sostanza drogante (il THC) è inferiore a 0,5% (soglia da tempo riconosciuta come limite in Italia da letteratura scientifica e tossicologia forense), e poiché rientra nei dettagli e nelle limitazioni della legge 242 del 2 Dicembre 2016.
Sicuramente la sentenza non facendo legge, lascia ancora tante “porte aperte”, quindi rimaniamo in attesa di chiarezza e certezze, poiché in pratica non è cambiato nulla da come è stata gestita la questione cannabis fino ad ora. L’attività degli operatori del settore rispetta la legge e la cannabis light può essere venduta in quanto non è una droga, poiché derivata da coltivazioni di canapa industriale e presenta concentrazione di THC sotto i limiti.
Di seguito il testo della sentenza di ieri della Cassazione.
